Caterina ha lasciato La Spezia per raggiungere il compagno: lavora con lui in azienda e vende al mercatino Coldiretti.
(di Riccardo Celli da il7Magazine) Dal 2000 al 2018, secondo dati ISTAT, sono stati più di duecentomila i giovani laureati meridionali ad emigrare in nord Italia, riconfermando come, qualora ce ne fosse bisogno, la “questione meridionale” non sia mai stata risolta. C’è anche chi, andando in direzione contraria a quello che può essere definito un “trend” secolare, lascia le montagne e la valle per abbracciare il mare e la terra del Salento. Caterina Cidale, classe ’95, è una ragazza ligure che ha deciso, un po’ per amore e un po’ per passione, di abbandonare la sua terra per coltivare quella pugliese.
Caterina ha passato la sua infanzia tra le montagne e il mare di Porto Venere, un paesino di neanche quattromila anime in provincia di La Spezia, dove la natura la fa da padrona. Lontana dal grigiore della tiepida borghesia spezzina, impara ad amare la natura in tutte le sue forme: animali, piante e frutti sembrano essere parte integrante di lei, e tali si confermeranno col passare degli anni. Dopo aver conseguito il diploma da geometra, nel 2018 decise di iscriversi all’università di Pisa, per studiare scienze agrarie. All’università conobbe Francesco Romanelli, ragazzo mesagnese suo coetaneo e suo compagno di banco, che presto sarebbe diventato anche il suo compagno di vita. Conoscendolo impara a conoscere la Puglia, in particolare il brindisino che visita più volte, che definisce come: “Una terra stupenda, con un potenziale fortemente inespresso”. Nel 2020, con l’arrivo della pandemia, decise di raggiungere il compagno Francesco a Mesagne e dedicarsi insieme a lui all’azienda agricola di famiglia, unendo l’amore provato per la sua dolce metà a quello per la natura. Per lei arrivare nella terra degli ulivi e del buon vino è stato uno shock: “Appena ho visto la Puglia me ne sono innamorata. Per me vedere ettari ed ettari di aperta campagna è stato una sorta di shock culturale. Da me in Liguria se si possiedono tre etti di terra si è fortunati, qui averne dieci per un’azienda agricola è del tutto normale”.
(A sinistra nella foto Caterina al suo banco di vendita al mercatino della Coldiretti in via Appia)
Oltre al paesaggio, il buon vino e l’ottima cucina, ciò che ha maggiormente colpito Caterina è stata la terra, in senso letterale: “Io, che nel 2021 mi sono laureata come agronomo, so quanto una buona terra sia una tra le cose più importanti per avere un buon prodotto finale, quella pugliese è quasi magica. In Liguria non si può piantare tutto, ci sono delle limitazioni imposte dal clima e dalle caratteristiche chimiche della terra, qui invece qualsiasi cosa pianti cresce rigogliosa”. Fu così che Caterina, giorno dopo giorno, continuò ad innamorarsi della nostra terra, che nel frattempo è diventata anche sua, coltivando qualsiasi cosa sia locale e di stagione, per garantire al fruitore finale un prodotto di qualità, vero obbiettivo del suo la voro. Nel mentre ha potuto anche scoprire, purtroppo, l’inciviltà e la noncuranza del bene comune, che se al nord è assai diffusa, qui da noi, è totalmente endemica: “Non capisco come certa gente riesca a deturpare così tanto il proprio territorio. Si parla tanto di Ilva, giustamente, ma poi non si parla del contadino o del vicino di casa che brucia le sterpaglie, sprigionando nell’aria Co2 che inevitabilmente egli stesso respirerà. Questa terra è già stupenda così com’è, riuscite ad immaginare quanto potrebbe esserlo se tutti noi l’amassimo un po’ di più?”. Caterina adesso, dopo aver acquisito tutto ciò che c’è da sapere sulla frutta e verdura nostrana, continua a lavorare con il suo compagno nell’azienda agricola di proprietà dello stesso, ma al contempo gestisce un piccolo stand all’interno del “Mercato Coldiretti”, sito in via Appia. Entrandoci, appena sulla sinistra, la potrete trovare sorridente pronta ad accogliervi e deliziarvi con prodotti realmente a km0, insieme alla sua folta chioma bionda e degli occhi azzurro ghiaccio che di mediterraneo hanno ben poco, se non l’amore incondizionato per una terra oltremodo stuprata proprio da chi dovrebbe preservarla.