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Amati: “Le priorità non sono le carte da scrivere ma le malattie da curare”

Sanità, Amati (Azione): “Le priorità non sono le carte da scrivere ma le malattie da curare, altrimenti le uniche prestazioni sanitarie diventano quelle cimiteriali. Vergogna”

“Le priorità in ambito sanitario sono le malattie da curare e prevenire e non le carte da scrivere per i Ministeri o per l’autorità giudiziaria. E questo perché senza la cura delle malattie le prenotazioni possono essere fatte solo per prestazioni cimiteriali, rendendo le carte bollate e il burocratismo privi di senso. E se il problema riguarda la carenza di personale per adempiere ai numerosi obblighi imposti dalle leggi statali e regionali, bisogna avere il coraggio d’insorgere contro il presidente Emiliano e la Giunta regionale, piuttosto che contro il Consiglio regionale e i suoi doveri di rappresentanza dei cittadini. Sbagliare obiettivo nelle rimostranze, per sussiego al potente, è un espediente politicista e vergognoso, tutto incentrato sugli ingranaggi del potere e non sul dolore della condizione umana. Si mediti su questo, immedesimandosi nella vita dei comuni cittadini”.

Lo dichiara il Commissario regionale di Azione e consigliere regionale Fabiano Amati, promotore e primo sottoscrittore delle leggi per il potenziamento degli screening del tumore al seno e al colon retto, e per la riduzione della spesa farmaceutica.

“Ho letto diverse note dirigenziali, transitate con atto di comunicazione nell’ultima seduta della Giunta regionale, contro le leggi regionali di potenziamento degli screening per i tumori al seno e al colon-retto, riferite al fatto che gli adempimenti richiesti sono molto stringenti e mettono i dirigenti regionali e i Direttori generali delle ASL di fronte a conseguenze ritenute addirittura eversive ma in fondo più ovvie del più ordinario ovvio : la mancata erogazione dell’indennità di risultato in caso di mancato raggiungimento dei risultati attesi, e questo per i dirigenti regionali, e la decadenza dei DG ASL in caso di mancato rispetto degli impegni di salute che essi stessi si danno con gli atti aziendali.
In pratica, le leggi dicono che se non fai il tuo dovere manageriale non puoi fare il manager e se non te la senti non è obbligatorio l’esercizio di funzioni manageriali.
Gli argomenti usati e posti alla base delle varie comunicazioni, peraltro, sono tecnicamente privi di pregio.
Il pacchetto di leggi regionali salva-vita delle persone contiene una pluralità di norme incentrate sugli adempimenti a quanto già previsto dalle leggi statali e dalle stesse delibere della Giunta regionale e non oggetto di alcun sospetto d’incostituzionalità. Andiamo per titoli sommari: l’estensione al 100 per cento della popolazione target degli screening; le modalità d’innovazione organizzativa e informatica per assicurare l’esatta periodicità degli screening; la gratuità dei test genetici per persone con rischio eredo-familiare; la gratuità della sorveglianza clinico-strumentale per persone con mutazione genetica e maggiore rischio d’esposizione al tumore.
A tutto questo non è stato dato totale adempimento, nonostante ripetuti solleciti durante le Commissioni consiliari.
Una parte molto residuale di quel pacchetto legislativo, invece, è stata osservata dal Governo per sospetto d’incostituzionalità, e viene strumentalizzata per giustificare il mancato adempimento alla maggior parte della disciplina legislativa: la pretesa illogica di far acciuffare il meno dal più. Questa parte residuale, su cui l’Avvocatura regionale ha comunque spiegato le più convincenti difese (ma alla Regione nessuno legge gli atti di altri rami della stessa amministrazione), riguarda l’estensione degli screening a classi d’età più ampie rispetto ai piani nazionali, comunque in accoglimento di quanto sostenuto dal mondo della medicina e pure dall’ultima raccomandazione europea in materia di lotta ai tumori. Insomma, pur ammettendo come fonte dell’impugnazione il disinteresse delle burocrazie ministeriali sulla più efficace e moderna prevenzione dettata dalle linee guida e dalla legislazione europea, e pur assumendo l’obbligo della burocrazia regionale ad associarsi al menefreghismo ministeriale, la maggior parte degli adempimenti contenuti nel pacchetto di leggi regionali non riguarda argomenti sottoposti al vaglio della Corte costituzionale. Per cui il capro espiatorio si scopre che non è un bovino né è uscito al pascolo.
Che senso ha dunque assumere un argomento residuale per consentirsi di galleggiare e auto-giustificarsi sugli inadempimenti relativi agli argomenti più numerosi e non oggetto d’impugnativa?
Se manca il personale per correre dietro queste numerose incombenze, si chieda al presidente Emiliano e alla Giunta regionale il personale necessario, con una lettera di poche righe e senza l’impegno di numerose ore di lavoro per scrivere le abbondanti comunicazioni, ma non si maledica la necessità di un’organizzazione più ferocemente adattata al contrasto delle malattie.
Mi rendo conto che la nuova modalità legislativa introdotta con le leggi del pacchetto screening, fortemente auto-esecutiva e priva del nascondino dei Regolamenti attuativi e delle delibere esecutive, cominci a mietere vittime sul piano pratico e psicologico, ma non si poteva continuare così. Non si poteva continuare a legittimare antiche modalità legislative, avallate da un potere politico in stato di sudditanza tecnica, che finiscono per far silenziosamente primeggiare la funzione burocratica rispetto agli eletti dal popolo, in un surreale capovolgimento di prospettive e con esiti paradossali: le colpe delle disfunzioni addossate ai politici per un potere di fatto non esercitato e paralizzato dai procedimenti attuativi.
È tutta qui la questione. Detto con sincerità. Ma lo stato di malattia, la prevenzione e i nostri obblighi, non possono essere scantonati per una ridefinizione del potere che alla burocrazia regionale non piace. Raggiungere i risultati è l’obbligo dei manager e a questo si lega l’indennità di risultato. Appunto. Averlo scritto nero su bianco può anche dispiacere, me ne rendo conto, ma la pubblica amministrazione non può agire a passi felpati come in una seduta psichiatrica. Il tempo e il suo trascorrere sprecato portano troppo dolore e perciò va perdonato il minor uso di convenevoli per eccesso di risolutezza”.

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