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Il Barbablù 50 anni fa la prima discoteca

 

(fonte IL7Magazine – di Marina Poci) Nella musica giusta andavano a rifornirsi direttamente a Roma, in piazza Venezia e alla Ricordi di via del Corso (all’epoca la più grande rivendita italiana di dischi d’importazione), oppure agli storici Magazzini Nannucci di Bologna, in viaggi organizzati senza preavviso dai quali tornavano carichi delle ultime novità, quelle che difficilmente si ascoltavano persino nelle radio nazionali. Provenivano dalla capitale anche le attrezzature audio e le luci stroboscopiche e psichedeliche, introvabili dalle nostre parti, senza le quali era impensabile ambire a chiamare club un posto dove si ballava. Il tutto veniva coraggiosa mente acquistato con cambiali che sarebbero andate in pagamento una volta raccolti gli incassi delle serate, organizzate prevalentemente nei fine settimana e in orari che fanno sorridere i ragazzini di oggi, abituati sin da piccoli a iniziare a vivere la notte quando i loro coetanei degli anni Settanta andavano a dormire. Era il 1973 e a Mesagne la discoteca Barbablù Club nacque così, dal sogno audace di una manciata di giovani appassionati di musica che coltivarono l’ambizione di portare nella città messapica un modello di intrattenimento sino ad allora sconosciuto.

 

Il dieci agosto prossimo, a cinquant’anni esatti da quella fantasia che rese Mesagne capoluogo di provincia della disco music, i protagonisti di quella indimenticabile stagione musicale, rimasta nel cuore di una generazione di ragazze e ragazzi che in quel posto sono diventati adulti, rievocheranno i gloriosi tempi del Barbablù in una serata che si terrà a piazza Orsini del Balzo a partire dalle ore 21, con la partecipazione dei dj Domy Pentassuglia e Alex Pellegrino e del gruppo The Musicians. Nel corso dell’evento, patrocinato dall’amministrazione comunale e rientrante nel programma di MesagnEstate 2023, con media partner Ciccio Riccio, un gruppo di danzatori si esibirà in balli anni Settanta le cui coreografie saranno curate da Azzurra Di Maggio e Claudia Ribezzi. Il catering sarà organizzato dai cuochi di Sorrisi e Sapori, presente presso Spazio Conad di Mesagne.

In un dialogo a tre al fresco mattutino di Parco Poti, i settantenni (chi più, chi meno) Carmelo Di Maggio e Francesco Maizza, tra i fondatori del Barbablù, accompagnati da Tony Bagnaia, esperto di musica internazionale e occasionalmente dj nella stessa discoteca (nella quale arrivava con la valigetta carica di dischi personali che metteva a disposizione del club), si abbandonano ad un dolcissimo esercizio di memoria che mescola ricordi personali a vicende pubbliche della città, sorridendo al pensiero degli amici che non ci sono più, terminando uno le frasi degli altri, ammettendo la sorpresa per la risonanza che l’evento del dieci agosto, annunciato da pochi giorni, ha già guadagnato tra i giovani di allora, malinconica mente in attesa di rivivere quegli anni, e i giovani di oggi, incuriositi da un modo di divertirsi di cui hanno soltanto sentito parlare dai loro genitori.

L’avventura del gruppo di amici capitanati da Francesco MaizzaCarmelo Di Maggio e Bruno Ziza era iniziata dal club “La porta rossa”, in via Accademia degli Affumicati, un appartamento nel centro storico di Mesagne adibito a semplice ritrovo nel quale, in modo del tutto artigianale, si ascoltava e si ballava la musica che altrove era impossibile da reperire: tre stanze e un caminetto, perché le serate spesso si concludevano con grigliate di carne annaffiate dal vino. Poi il sussulto di intraprendenza: perché non dare vita ad un vero e proprio club alla maniera di quelli frequentati dal gruppo nei viaggi che amavano fare in Italia e all’estero? Perché non proporre, oltre alla musica dal vivo che in quegli anni andava forte, anche la disco music, che cominciava ad imporsi soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito e si affacciava timidamente alle soglie dei club italiani solo da Roma in su?

Così, chiusa definitivamente a doppia mandata La porta rossa (troppo piccola per il desiderio che ronzava in testa ai dinamici giovanotti), teatro di un progetto imprenditoriale e di un esperimento artistico senza precedenti nella zona diventò un locale di via degli Agnano, di proprietà della famiglia Maizza: “La prima iniziativa che prendemmo fu quella di costituirci in associazione. Non avevamo scopo di lucro, nessuno di noi si è arricchito con il Barbablù. Poi bisognava cercare un bel posto, possibilmente in centro, per spostare le attività. Mia madre e mia zia per fortuna ci offrirono quel locale. Ma era inadeguato, bisognava effettuare molti lavori per renderlo idoneo ad accogliere la gente che lo avrebbe frequentato. Allora noi del gruppo ci rimboccammo le mani che e iniziammo la ristrutturazione. Qualcuno di noi aveva un po’ di esperienza nei lavori manuali, ma più che altro eravamo animati dall’idea di dare vita, intera mente da soli, a qualcosa che da queste parti non si era mai visto”, ricorda Francesco Maizza, mentre Carmelo Di Maggio, con la schiettezza che lo contraddistingue, aggiunge “Più che altro non avevamo una lira per pagare gli operai: se non avessimo fatto tutto da soli, non saremmo mai riusciti ad aprire”.

Per qualche anno protagonista assoluto delle “notti” mesagnesi, il Barbablù Club, prima discoteca della provincia di Brindisi e molto conosciuta anche in tutto il Salento, in realtà, in accordo con il sentire dell’epoca, osservava orari pomeridiani e serali: un primo turno, dedicato prevalentemente agli adolescenti, iniziava alle sedici per terminare intorno alle diciannove; alle diciannove e trenta iniziavano ad affluire giovani e adulti (anche molti professionisti affermati), che andavano via più o meno alle ventitré (“Toccavamo la mezzanotte soltanto in occasioni particolari, più che altro durante i veglioni di San Silvestro o quando ci chiedevano la disponibilità del locale per organizzare feste private. Diversamente, andavamo a letto prima che arrivasse il giorno nuovo”, precisa Maizza).

Da Brindisi e Francavilla arrivavano con i treni, dagli altri comuni (non soltanto del brindisino, ma anche del leccese e del tarantino) i giovani si organizzavano con le macchine o con i pulmini privati guidati dai parenti o dagli amici più grandi. Le ragazze, specialmente le più piccole (che sparivano alla fine del primo turno) venivano accompagnate e prelevate dai genitori: “I padri facevano veri e propri sopralluoghi per verificare che il posto fosse frequentato da persone per bene e per assicurarsi che non circolassero sostanze strane, cosa alla quale noi abbiamo sempre riservato particolare attenzione. Addirittura proibivamo anche di fumare, per evitare che la moquette di cui era rivestito il pavimento si impregnasse del l’odore delle sigarette”, aggiunge ancora Maizza).

In quei centoquaranta metri quadri insonorizzati in via degli Agnano, arredati con divanetti bianchi e attrezzati con due piste di ceramica, gli incassi del Barbablù anno dopo anno venivano reinvestiti per migliorare l’aspetto del locale e renderlo sempre più simile ad un club di città: “Già dall’anno successivo all’apertura, iniziammo ad affidare i lavori a ditte specializzate, immaginando di riprodurre a Mesagne quell’ambientazione particolare che ci affascinava nei club che visitavamo durante le nostre avventure. Andare fuori, soprattutto fuori dall’Italia, ci ha consentito di acquisire libertà e apertura mentale. Cercavamo di portare al Barbablù ogni novità (non soltanto musicale) che incontravamo nei nostri viaggi, modo di fare molto apprezzato dai giovani in un contesto come il nostro. Rebel Rebel di David Bowie, per esempio, arrivò al Barbablù due anni prima che arrivasse nelle radio locali”, puntualizza Carmelo di Maggio.

Consigliere in fatto di musica nuova e alternativa ai circuiti commerciali era Tony Bagnaia, autore anche dello spettacolare quadro che campeggiava su una delle pareti del club, in cui – mano a mano che la fama del posto si espandeva – agli amici del gruppo si affiancarono anche dj professionisti e barman professionisti: “In quel periodo ero appassionato dei King Crimson, un gruppo britannico che faceva rock psichedelico, hard rock, heavy metal e musica elettronica. Nel 1969 uscì il loro primo disco intitolato In the Court of the Crimson King, che aveva in copertina l’uomo schizoide. Era colorato nei vari toni del rosso e rappresentava un grido. Insomma, era un vero e proprio simbolo della contestazione di quegli anni. Mi piacque così tanto che lo dipinsi su un pezzo di compensato di un metro per due. In due giorni, sotto il sole di agosto, sulla mia terrazza”, racconta Bagnaia.

L’avventura del Barbablù, in cui nacquero tenaci amicizie e grandi storie d’amore (“Mia figlia Azzurra è stata concepita proprio lì”, ammette con un misto di orgoglio e imbarazzo Di Maggio), terminò nel 1978: “La discoteca aveva fatto il suo tempo e noi eravamo cresciuti. Le nostre vite avevano preso una direzione incompatibile con la gestione di un locale di quel tipo, così chiudemmo. Ma il Barbablù club ha continuato ad essere protagonista dei nostri ricordi per tutti questi anni, non c’è discorso nel quale, ancora adesso, non lo citiamo. Adesso siamo alle prese con l’organizzazione dell’evento del dieci agosto in piazza Orsini, al cui pensiero ci emozioniamo moltissimo. Si ascolterà musica dal vivo du rante la prima parte della serata e si ballerà nella seconda. Ci aspettiamo di incontrare non soltanto i nostri coetanei, che l’hanno frequentato, ma anche i giovani, visto che sappiamo che molti di loro hanno la passione della disco-music. Sarà una grande festa per molte gene razioni!”, conclude Maizza.

 

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