MESAGNE – Sono trascorse quasi 48 ore dall’insolito ritrovamento dei reperti archeologici avvenuto a Mesagne, all’ingresso della strada statale 7 Brindisi-Taranto, esattamente sulla rampa della provinciale Mesagne-San Vito dei Normanni.
Alcuni operai impegnati nella zona per i lavori idrici di Acquedotto pugliese hanno notato la presenza di una busta nera strappata. Dentro una serie di oggetti di antica datazione.
L’esito è di ventiquattro reperti ceramici integri e frammentati, del periodo classico ed ellenistico, databili tra il V e il III secolo a.C. Si tratta perlopiù di vasellame, anche se tra i manufatti spunta un protone, ovvero una figura a forma di colomba.
L’analisi sugli oggetti è stata realizzata nella giornata di venerdì (31 maggio) dagli archeologi della società Fabers di Matera, già incaricata della sorveglianza dei lavori di Acquedotto pugliese nel tratto di strada interessato dalla scoperta. I professionisti, presenti a Mesagne per effettuare il monitoraggio quotidiano, hanno ricevuto un’ulteriore delega per svolgere uno studio sui reperti.
Dallo stato dei materiali si può presumere che il deterioramento di una parte degli stessi dovrebbe essere riconducibile esclusivamente al lancio della busta effettuato da chi ha voluto liberarsene. Ciò lascia pensare che i manufatti potessero essere integri fino a non molto tempo fa. I responsabili, qualora identificati, potrebbero rispondere anche del danneggiamento del patrimonio storico-artistico.
Difficile ancora ipotizzare le motivazioni dell’accaduto. Il materiale è tuttora custodito nel commissariato di polizia di Mesagne, che attende il magistrato del Tribunale di Brindisi incaricato al fine di proseguire con gli accertamenti del caso. Gli inquirenti dovranno cercare degli elementi per capire l’esistenza di una coincidenza tra eventuali denunce di furto o di smarrimento di quegli stessi reperti ed in quale zona.
Non è escluso, infatti, che gli antichi oggetti possano essere riconducibili ad altre parti della provincia o del Salento. Paradossalmente, i responsabili potrebbero aver scelto appositamente quella zona, poiché oggetto di lavori idrici ed attenzionata dal relativo monitoraggio archeologico, al fine di riconsegnare i reperti alla collettività.
Quella di Mesagne è un’area piuttosto fertile in materia archeologica. Anche qui nel tempo si è verificato il fenomeno dei “tombaroli” impegnati negli scavi abusivi presso le aree archeologiche scoperte (e non) per appropriarsi illecitamente di beni antichi. Il coinvolgimento di qualcuno di questi è un’ipotesi che al momento non può essere esclusa.
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