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Vittime dell’amianto: le vedove possono ancora chiedere il risarcimento „

Il risarcimento per le vittime da esposizione ad amianto è una possibilità ancora aperta. Sebbene a distanza di molti anni. Gli avvocati Carmela Pagano ed Eriberto De Lorenzo, con studio a Lecce, si occupano di assistere le vedove di operai deceduti per aver contratto una malattia professionale in conseguenza del lavoro svolto in Svizzera negli anni ’60/’70. “Le vedove hanno ancora oggi il diritto di richiedere e di ottenere da Suva (ente previdenziale svizzero che corrisponde a Inail) una rendita vitalizia, pari in media a mille e 500 euro mensili, oltre alla liquidazione degli arretrati”.
La faccenda è complessa e per fare chiarezza occorre tornare indietro di 60 anni. All’epoca, infatti, decine di giovani del Sud Salento partirono per la Svizzera in cerca di lavoro. Molti di loro furono assunti come operai presso gli stabilimenti Eternit A.G. di Niederurnen in cui si producevano manufatti in fibrocemento (composto a base di cemento e amianto) come coperture piane o ondulate, tubazioni, cisterne, pannelli antincendio e simili. L’amianto, negli anni 1960-1970, conobbe un vero e proprio boom applicativo e fu largamente impiegato nel comparto edile.
Ciò che è accaduto molti anni dopo è una storia tristemente nota, ricostruita dai due legali: “Gli emigrati dai comuni salentini trovarono impiego nell’azienda svizzera per qualche anno, alcuni solo per qualche mese. Una volta rientrati in Italia, a distanza di 30 anni dall’esposizione, però, svilupparono patologie neoplastiche correlate esclusivamente all’amianto e alle mansioni svolte negli stabilimenti svizzeri”.
L’avvocato Pagano, dopo opportuni approfondimenti, ha chiarito che ad oggi “Suva esamina la richiesta di riconoscimento della vedova, corredata da apposita documentazione medica ed amministrativa, solo dopo aver accertato la presenza di alcune condizioni, come ad esempio il periodo di esposizione all’amianto in Svizzera nel quadro di un impiego assicurato secondo la normativa previdenziale svizzera, il non aver svolto lavori simili nel nostro Paese. E riconosce alla vedova che ne abbia fatto richiesta, anche a distanza di molti anni e quindi, per persone decedute negli anni ’90, il risarcimento costituito da una rendita vitalizia mensile e dalla liquidazione degli arretrati che mediamente si aggirano intorno ai 100mila euro”.
“Inizialmente l’unica malattia professionale riconosciuta dall’ente previdenziale svizzero era una grave forma di cancro conosciuta con il nome di mesotelioma. Successivamente, la scienza medica ha imputato con certezza il carcinoma polmonare (al verificarsi di alcune altre condizioni) come patologia correlata all’esposizione da amianto”, ha aggiunto Carmela Pagano. “Ciò che deve essere chiaro è che ancora oggi le vedove hanno il diritto ad ottenere un risarcimento economico per la morte del coniuge. Non ci sono prescrizioni nonostante siano decorsi molti anni dall’esposizione o dalla morte. Se il decesso è stato causato da una malattia professionale, Suva liquida le provvidenze economiche dovute, che andranno ad integrare altri redditi percepiti, come la pensione di reversibilità”, ha precisato De Lorenzo.
Da alcuni anni in Svizzera è stato istituito un Fondo per le vittime dell’amianto (Fva) che, su apposita richiesta dei familiari delle vittime, riconosce e risarcisce una tantum per le persone decedute a causa di un’esposizione ambientale all’amianto. Ha diritto ad essere risarcito anche chi ha contratto una malattia mortale da amianto, pur non avendo mai lavorato, purchè sia stata a contatto con persone esposte. E’ chiaro, quindi, che le vedove e i familiari delle vittime di amianto ancora oggi hanno diritto ad ottenere un risarcimento economico per la morte del loro congiunto. L’ultimo risarcimento ottenuto dallo studio legale è datato marzo 2021.

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