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Racconta la “Festa della Mamma” con gli occhi della madre affetta da Alzheimer

Giada Coppola (nella foto) vivendo ogni giorno la malattia di cui è affetta la madre, la racconta attraverso i suoi occhi. La sua è anche una riflessione per chi vive questa terribile malattia, per chi ne è affetto, e non facile per chi è vicino.
Dicono che ti chiami Alzheimer. Un nome non semplice, cosi come le tue caratteristiche. Il tuo nome rispecchia il tuo aspetto, determinato e hai la forza di portarti via, in modo anche se graduale, la mia vita. Hai sconvolto i miei piani, mentre dovevo godermi la vita in serenità, dopo anni di lotte e sacrifici, ti sei catapultato nella mia mente e un giorno porterai via anche i miei ricordi.. Hai iniziato pian piano e oggi già mi fai confondere la realtà, che per me ha due dimensioni: quella di adulta e quella di bambina, ma a volte mi confondo, non so quale sia più avanti rispetto all’altra. Ma una cosa è evidente, nella mia mente: non sono più moglie, più madre, più nonna, né figlia, né sorella: sono un corpo che si muove e che si sente con la testa fra le nuvole. Non conosco il tuo nome, mi è stato detto ma l’ho dimenticato, come il resto delle altre cose che prima dicevo, facevo e vivevo. Non riesco a pronunciare più tanti altri nomi, dimentico definizioni, ho dimenticato volti e legami, ma a volte qualcosa ritorna alla mente e recupero un po’ di luce nei miei occhi. Ma quando la mente viene catapultata in quell’assenza di tutto, ecco che i miei occhi ritornano assenti e lo sguardo che cade nel vuoto e mi ritrovo a fissare qualsiasi punto, dove io mi trovi e che per me non ha senso, anche se sono a casa, è come se non fosse la mia. Spesso confondo la mia casa in una clinica, perché prendo tante medicine durante il giorno e chiedo a chi è vicino a me, dove si trova il dottore perché voglio chiedere cosa ho e quando esco fuori da questa confusione. Spesso mi prendono forti mal di testa e mi viene da piangere, perché in momenti di lucidità mi rendo conto che non posso fare più le cose di prima, anche la più semplice, come andare in bicicletta. Come mi piaceva andarci, ma tutto è iniziato da li: ormai perdevo l’equilibrio sulla bici e sono caduta un bel po’ di volte e poi, un giorno ho smesso di andarci, dall’ultima caduta, non sono stata più bene. Mi piaceva fare i fiori con la carta, curare le piante del mio giardino, andare il sabato a fare la spesa con mia figlia Giada, oggi ho dimenticato come si fanno i fiori di carta e delle piante, mi prendo cura ma a modo mio e a fare la spesa non ci vado più. Mi sento male nella confusione e Giada, ho dimenticato che è mia figlia. A volte credo che siano due e parlo di lei come un qualcosa di lontano, non so come definire questa sensazione, se non solo che è tutto una gran confusione. Quando chiedo a cosa servono le medicine che prendo, mi dicono che siano per la memoria, che alcune volte fa un po’ di scherzetti e mi fa dimenticare delle cose, ma non ho mai sentito pronunciare il tuo nome, forse per questo non ti conosco.
Chi sei? Da dove vieni? Perché ti trattieni qui? Non ho più la dimensione della realtà, vedo intorno a me sempre delle figure, sembra siano li con me e li chiamo, ma poi qualcuno mi dice che mi sto sbagliando, sono solo dei sogni, ma sono sveglia, ho gli occhi aperti, li vedo, per me non sono un sogno. Ma che strani scherzetti fa la mia mente.
Confondo il mio cane con un bambino e ci tengo che non rimanga solo e che mangi, mi dicono che il suo nome è Rugo e non è un bambino ed è un cane. Ma che differenza possa esserci, ormai non lo so, li vedo tutti uguali, riconosco solo alcune persone, alcune cose, ma probabilmente un giorno dimenticherò anche quelle.
I giorni mi sembrano ormai tutti uguali, ogni giorno è lunedi – martedi – mercoledi – giovedi – venerdi – sabato o domenica, le feste non ricordo più i loro periodi. Però una cosa ancora riesco a farla, a leggere, anche se sembra strano, però mi faccio comprare dei giornali e ogni tanto mi metto seduta sulla mia poltrona e ci passo il tempo. Non riesco a guardare più la televisione e non seguo più i miei programmi preferiti, non ho più il senso della concentrazione. Una cosa che ormai mi viene semplice, è perdere la pazienza, non avere il senso del tempo e pretendo che le cose si facciano a modo mio e quando lo dico io e se qualcuno si oppone, inizio a diventare vulnerabile e la confusione diventa più forte.
Passo le giornate che sembrano tutte uguali. Una cosa che ancora mi piace, farmi regalare delle piante per metterle nel mio giardino, ne ho cosi tante e ci tengo che nessuno le tocchi.
I miei figli, sento di conoscerli ma non sempre mi è chiaro cosa sia io per loro, confondo le parentele e mio marito, ricordo di aver avuto un uomo nella mia vita  e che sono sposata da anni ma ci sono momenti che entro in confusione.
Ecco cosa succede, uno sbalzo di periodi, vivo passato e presente in un solo tempo, ma sarà sempre cosi mi chiedo.
Chiedo sempre del dottore, sicuramente sono consapevole in cuor mio che qualcosa non va e nella sua figura vedo la possibilità di poter stare bene. Ho la consapevolezza che da un anno qualcosa è cambiato e, pensandoci, ho sentito parlare di te. Un giorno ho preso uno di quei fogli che sono all’interno delle medicine e ho letto che vengono date per chi è malato di Alzheimer e ricordo anche che piangendo ho detto: ma allora ho l’Alzheimer e mi è stato risposto che non era quello.
Oggi ormai non ti pronuncio più, sei un ricordo lontano come tante altre cose. Ci sono solo momenti, alcuni giorni, che fanno ancora la differenza, ma chissà per quanto ancora e poi tutto sarà vuoto. Però, forse in modo inconsapevole, amerò sempre i miei figli, mio marito e le persone che hanno fatto parte della mia vita.
La mia vita non è mai stata perfetta, ma non è mai stata vuota e oggi voglio credere che quell’assenza di ricordi sia solo un far riposare la mia mente e ai miei figli, oggi festa della mamma, voglio dire: una parte di me è andata via, forse la migliore, ma continuate a volermi bene, oggi si sono invertiti i ruoli, rimanete al mio fianco come quando io sono stata al vostro quando eravate dei bambini”.

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