10 Giugno 2021
scritto da Redazione
Da ieri mattina il reparto di Medicina interna dell’ospedale Perrino riapre come non Covid. Sono stati trasferiti gli ultimi tre pazienti nei reparti di Malattie infettive e Pneumologia, che con la Rianimazione continuano ad accogliere i ricoveri Covid. Il direttore del reparto di Medicina interna, Pietro Gatti sottolinea che “Riprendiamo a trattare tutte le altre patologie, anche se durante la seconda ondata non abbiamo mai smesso di occuparcene, con grande sacrificio da parte di miei operatori che hanno garantito i trattamenti terapeutici e le giuste cure sia ai pazienti Covid che a quelli non Covid. Da ottobre a oggi abbiamo avuto 232 ricoveri. Nella seconda fase la Medicina interna del Perrino è stata occupata dal Covid in due periodi: tra ottobre e dicembre del 2020 e da marzo a giugno del 2021. Questo tempo ci ha permesso di utilizzare evoluzioni terapeutiche grazie alle aumentate conoscenze mediche e alle novità presenti in letteratura scientifica. Chiudiamo la Medicina interna Covid perché, grazie alla vaccinazione di massa e alle terapie messe in atto sul territorio, come gli anticorpi monoclonali, abbiamo avuto una notevole riduzione dei ricoveri e dell’incidenza dell’infezione. Questo – aggiunge Gatti – ci permette di ripristinare un’offerta sanitaria più giusta e più equa, così come previsto dal piano sanitario pre-Covid”.
Per Gatti “sono stati mesi difficili, duri da un punto di vista lavorativo, pieni di soddisfazioni professionali ma anche di tanti eventi che la medicina attuale non riesce ad arginare. Il nostro pensiero va a chi non ce l’ha fatta non solo a causa delle comorbilità ma perché la malattia è devastante e non abbiamo mezzi efficaci per contrastarla. L’arma migliore resta la prevenzione: continuare a tenere la mascherina e il distanziamento sociale almeno fino a quando non si avrà un adeguato numero di vaccinazioni”. Gatti ricorda che “tutta l’organizzazione messa in piedi è importante e deve tenere in considerazione il territorio: abbiamo dismesso pochi giorni fa i reparti Covid dell’ospedale di Ostuni, riappropriandoci di una struttura importante anche per la vocazione turistica della zona”.
“Nel nostro impegno contro il Covid – prosegue Gatti – fondamentale è stato il lavoro delle Unità speciali di continuità assistenziale e dei medici di medicina generale. Le Usca hanno creato un giusto dialogo col reparto, individuando precocemente i pazienti che potevano ricevere i monoclonali e tenendo a casa quelli che non necessitavano di cure ospedaliere, seguendoli per un eventuale ricovero. È forse prematuro pensare al futuro di questi colleghi, ma non bisogna scordare che hanno creato un rapporto fondamentale tra territorio e ospedale, cosa di cui dovremo fare tesoro in un’ottica di continua collaborazione. Questi medici sono importanti anche per le cronicità: è essenziale seguire questa categoria di malati in un rapporto ospedale-territorio, grazie a figure intermedie come i colleghi delle Usca che lavorano insieme ai
Per Gatti “sono stati mesi difficili, duri da un punto di vista lavorativo, pieni di soddisfazioni professionali ma anche di tanti eventi che la medicina attuale non riesce ad arginare. Il nostro pensiero va a chi non ce l’ha fatta non solo a causa delle comorbilità ma perché la malattia è devastante e non abbiamo mezzi efficaci per contrastarla. L’arma migliore resta la prevenzione: continuare a tenere la mascherina e il distanziamento sociale almeno fino a quando non si avrà un adeguato numero di vaccinazioni”. Gatti ricorda che “tutta l’organizzazione messa in piedi è importante e deve tenere in considerazione il territorio: abbiamo dismesso pochi giorni fa i reparti Covid dell’ospedale di Ostuni, riappropriandoci di una struttura importante anche per la vocazione turistica della zona”.
“Nel nostro impegno contro il Covid – prosegue Gatti – fondamentale è stato il lavoro delle Unità speciali di continuità assistenziale e dei medici di medicina generale. Le Usca hanno creato un giusto dialogo col reparto, individuando precocemente i pazienti che potevano ricevere i monoclonali e tenendo a casa quelli che non necessitavano di cure ospedaliere, seguendoli per un eventuale ricovero. È forse prematuro pensare al futuro di questi colleghi, ma non bisogna scordare che hanno creato un rapporto fondamentale tra territorio e ospedale, cosa di cui dovremo fare tesoro in un’ottica di continua collaborazione. Questi medici sono importanti anche per le cronicità: è essenziale seguire questa categoria di malati in un rapporto ospedale-territorio, grazie a figure intermedie come i colleghi delle Usca che lavorano insieme ai
medici di medicina generale e agli ospedalieri”.
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