Le reazioni positive fatte registrare dall’annuncio di Falck Renevables ed BlueFloat Energy di voler realizzare al largo della Puglia dei parchi eolici marini fanno ben sperare per un approccio corretto della fase di transizione energetica che il nostro paese si appresta ad affrontare nella sua fase più delicata.
Non è un mistero, infatti, che di “transizione” bisognava andare ben oltre le parole ormai da anni, tanto più perché la data della “line out” dal carbone è ormai alle porte.
E invece, gli iter autorizzativi per la costruzione di nuove centrali elettriche a turbogas (tra cui quella di Brindisi al posto della “Federico II”) sono ancora in una fase embrionale e sarà davvero difficile immaginare che molti di questi impianti possano entrare in esercizio prima del 2025.
Un fatto preoccupante, tanto più se si considera che stiamo parlando di gruppi di produzione che andrebbero alimentati a metano, cioè un altro combustibile fossile che inquina meno di carbone e petrolio, ma inquina!
La soluzione – quella vera e definitiva – è rappresentata dalle rinnovabili. E l’idea di poter vincere ritrosie e pregiudizi nei confronti dell’utilizzo del mare per produrre energia in maniera “pulita” risulta appassionante e deve farci lavorare tutti nella stessa direzione.
Realizzare parchi eolici marini anche nella nostra regione, pertanto, incontra la nostra condivisione perché non provoca alcun danno all’ambiente, perché non danneggia l’immagine della nostra bellissima Puglia e, non ultimo, perché genera ottime opportunità economiche ed occupazionali. Quest’ultimo progetto (ma non è il solo riguardante l’eolico in mare), a quanto pare, potrebbe generare 4.000 posti di lavoro nella fase di costruzione e 1.500 a regime. Il tutto, attraverso la nascita di una filiera tutta pugliese per effetto delle grandi professionalità esistenti e dell’esperienza manifatturiera maturata in decenni di costruzione e di manutenzione di impianti energetici e chimici. Proprio qui da noi, insomma, si potrebbero costruire torri eoliche da installare in ogni parte del mondo.
A fronte di una così allettante opportunità, però, è necessario rivedere il ricorso ad impianti di energia rinnovabile molto impattanti sul territorio (in termini di aree occupate). Non è un mistero, infatti, che la Puglia abbia subito (in un passato neanche tanto lontano) un vero e proprio “assalto alla diligenza”, con migliaia di ettari di terreno agricolo riempiti di specchi (spesso anche in aree situate a ridosso di centri urbani o di grande valore paesaggistico).
Oggi, purtroppo, si pensa di continuare a consumare suolo andando a realizzare impianti solari anche in aree per le quali si potrebbe immaginare un futuro differente (vedi quelle situate nella zona industriale di Brindisi), inteso come opportunità per nuovi insediamenti produttivi.
Nessun pregiudizio, ovviamente, nei confronti del fotovoltaico, ma è necessario (come già avviene in molte parti del resto del mondo) che si utilizzino i tetti di edifici e degli stessi insediamenti industriali come ottima soluzione alternativa rispetto ai terreni.
Occorre, insomma, immaginare un processo di rigenerazione degli insediamenti energetici con regole certe e con l’obiettivo di non continuare a devastare la Puglia. Su questo sarà necessario confrontarsi, ponendo come base di partenza la comune volontà di superare il presente e di accorciare i tempi della transizione energetica.
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