2 Luglio 2021
scritto da Redazione
(di Carmelo Molfetta) Una politica impegnata, ed a volte distratta, dai grandi temi imposti dalla pandemia, ha colpevolmente dimenticato che la riforma costituzionale del Titolo V della Costituzione è diventata più che maggiorenne avendo compiuto venti anni.
Se si eccettua il mondo accademico e degli addetti ai lavori, sul punto è previsto un convegno nel mese di ottobre, non risulta che la politica si stia domandando sugli effetti che quella riforma ha prodotto sul funzionamento dello Stato individuandone eventualmente i rimedi.
Neanche l’enorme contenzioso innanzi alla Corte Costituzionale tra Stato e Regioni, è stato sufficiente a porsi l’obiettivo di predisporre un bilancio sul funzionamento dello Stato dopo l’applicazione di quella riforma per un periodo abbastanza congruo per valutarne le eventuali criticità.
Sicché, in assenza di tale iniziativa politica, la Corte Costituzionale ha offerto, molto di recente, una occasione per riflettere sulla questione.
Se si eccettua il mondo accademico e degli addetti ai lavori, sul punto è previsto un convegno nel mese di ottobre, non risulta che la politica si stia domandando sugli effetti che quella riforma ha prodotto sul funzionamento dello Stato individuandone eventualmente i rimedi.
Neanche l’enorme contenzioso innanzi alla Corte Costituzionale tra Stato e Regioni, è stato sufficiente a porsi l’obiettivo di predisporre un bilancio sul funzionamento dello Stato dopo l’applicazione di quella riforma per un periodo abbastanza congruo per valutarne le eventuali criticità.
Sicché, in assenza di tale iniziativa politica, la Corte Costituzionale ha offerto, molto di recente, una occasione per riflettere sulla questione.
Il Giudice delle Leggi, si è occupato di una controversia insorta tra la Regione Valle d’Aosta e lo Stato Italiano, in ordine ad una legge regionale (L.R. del 20/12/2020).
I principi di diritto elaborati dalla Corte risultano molto interessanti e pure utili per la politica più distratta.
I principi di diritto elaborati dalla Corte risultano molto interessanti e pure utili per la politica più distratta.
La legge regionale, impugnata dalla Avvocatura Generale dello Stato per il Presidente del Consiglio dei Ministri, si propone di disciplinare “la gestione regionale dell’emergenza indotta dalla diffusione del COVID19” avendo invaso, dice l’Avvocatura, “le competenze esclusive statali in tema di profilassi internazionale” (art. 117 2° comma lett.a).
Quella legge, nel giudizio dell’Avvocatura avrebbe dato luogo “ad un meccanismo autonomo ed alternativo di gestione della emergenza sanitaria, cristallizzando con legge, una situazione che la normativa statale consente alle Regioni di gestire esclusivamente in via amministrativa..”.
Quella legge, nel giudizio dell’Avvocatura avrebbe dato luogo “ad un meccanismo autonomo ed alternativo di gestione della emergenza sanitaria, cristallizzando con legge, una situazione che la normativa statale consente alle Regioni di gestire esclusivamente in via amministrativa..”.
Dunque le Regioni non sono titolari di “una competenza legislativa ad emanare una legge regionale in deroga alla normativa statale vigente emergenziale”.
Secondo la Regione, invece, “..nel quadro di una interpretazione costituzionalmente orientata della legge regionale impugnata, le misure adottate sarebbero pienamente compatibili con quelle dettate dal legislatore statale..”.
Secondo la Regione, invece, “..nel quadro di una interpretazione costituzionalmente orientata della legge regionale impugnata, le misure adottate sarebbero pienamente compatibili con quelle dettate dal legislatore statale..”.
Dal punto di vista storico, sostiene la Corte, la “profilassi delle malattie infettive è sempre stata prerogativa dello Stato”; ed in particolare “..resta fermo che innanzi a malattie contagiose di livello pandemico, ben può il legislatore statale imporre alle Regioni criteri vincolanti di azione…”.
Non ha mancato però, di riconoscere che con “l’organizzazione sanitaria regionale” lo Stato stesso persegue i propri scopi, ma “è sempre il legislatore statale ad essere titolato a prefigurare tutte le misure occorrenti…e la natura globale della malattia impone di rinvenire nella normativa statale il riflesso sulla competenza esclusiva che lo Stato vi esercita”.
Dello stesso periodo si segnala una altrettanto importante sentenza della Grande Camera EDU emessa per un contenzioso tra alcuni cittadini Cechi contro la Repubblica democratica Ceca.
Si tratta del caso relativo alla vaccinazione obbligatoria infantile. Si è sostenuto da parte dei cittadini cechi che la legge che imponeva la decima vaccinazione obbligatoria, fosse in contrasto con l’art. 8 della Convenzione EDU (diritto del rispetto della vita privata e familiare).
Nella Repubblica Ceca vige l’obbligo della vaccinazione infantile contro nove malattie. I genitori che non vaccinano i bambini possono incorrere in sanzioni ed i bambini non vaccinati, salvo quelli che per motivi di salute non possono vaccinarsi, non sono ammessi negli asili nido.
In effetti la Corte EDU ha riconosciuto che la vaccinazione obbligatoria ben può essere considerata una “interferenza rispetto alla vita privata” tutelata dall’art. 8, ponendosi, peraltro, il problema della proporzionalità di tale lesione rispetto ai gravissimi rischi per la salute”.
E’ stato così stabilito il principio di diritto secondo il quale le misure contesta dai ricorrenti potevano essere “considerate necessarie in una società democratica”.
Due sentenze diverse rese da due diverse istituzioni, ma entrambe confermano il principio di diritto della unitarietà della competenza dello Stato nella gestione della pandemia e nel valutare l’utilità di un vaccino rispetto ai diritti che pure potrebbe ledere.
(Per gli approfondimenti sentenza n. 37/2021 Corte Costituzionale e 47621/13 del 8/4/21
Non ha mancato però, di riconoscere che con “l’organizzazione sanitaria regionale” lo Stato stesso persegue i propri scopi, ma “è sempre il legislatore statale ad essere titolato a prefigurare tutte le misure occorrenti…e la natura globale della malattia impone di rinvenire nella normativa statale il riflesso sulla competenza esclusiva che lo Stato vi esercita”.
Dello stesso periodo si segnala una altrettanto importante sentenza della Grande Camera EDU emessa per un contenzioso tra alcuni cittadini Cechi contro la Repubblica democratica Ceca.
Si tratta del caso relativo alla vaccinazione obbligatoria infantile. Si è sostenuto da parte dei cittadini cechi che la legge che imponeva la decima vaccinazione obbligatoria, fosse in contrasto con l’art. 8 della Convenzione EDU (diritto del rispetto della vita privata e familiare).
Nella Repubblica Ceca vige l’obbligo della vaccinazione infantile contro nove malattie. I genitori che non vaccinano i bambini possono incorrere in sanzioni ed i bambini non vaccinati, salvo quelli che per motivi di salute non possono vaccinarsi, non sono ammessi negli asili nido.
In effetti la Corte EDU ha riconosciuto che la vaccinazione obbligatoria ben può essere considerata una “interferenza rispetto alla vita privata” tutelata dall’art. 8, ponendosi, peraltro, il problema della proporzionalità di tale lesione rispetto ai gravissimi rischi per la salute”.
E’ stato così stabilito il principio di diritto secondo il quale le misure contesta dai ricorrenti potevano essere “considerate necessarie in una società democratica”.
Due sentenze diverse rese da due diverse istituzioni, ma entrambe confermano il principio di diritto della unitarietà della competenza dello Stato nella gestione della pandemia e nel valutare l’utilità di un vaccino rispetto ai diritti che pure potrebbe ledere.
(Per gli approfondimenti sentenza n. 37/2021 Corte Costituzionale e 47621/13 del 8/4/21
Corte EDU)
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