Elevata presenza di granuli di plastica nelle spiagge limitrofe al Petrolchimico di Brindisi. Microplastiche della dimensione di una lenticchia prodotte dalla raffinazione di idrocarburi come petrolio e gas fossile. Lo rivela il report “Inquinamento silenzioso”, diffuso oggi da Greenpeace Italia, in cui vengono illustrati i risultati dei campionamenti effettuati nel 2021 in dodici spiagge lungo le coste pugliesi. A seguito dei risultati dell’indagine, l’organizzazione ambientalista ha presentato un esposto in procura, chiedendo alla magistratura di investigare sull’inquinamento e verificare se sussistano le condizioni affinché si proceda al sequestro delle attività industriali presenti nell’area specializzate nella produzione di granuli. Dei 7938 granuli raccolti nell’indagine, circa il 67 per cento proviene dai tre siti di campionamento più vicini al petrolchimico. Al contrario, nelle aree più distanti i livelli di contaminazione sono risultati, quasi ovunque, nettamente inferiori. Dal rapporto emerge che gran parte dei granuli raccolti e analizzati nel corso dell’indagine, pari a circa il 70 per cento del totale, è traslucido e trasparente: un’evidenza che la letteratura scientifica collega a rilasci recenti nell’ambiente. Inoltre, di tutti i granuli raccolti, il 78 per cento è in polietilene (un tipo di plastica prodotto in loco dall’azienda Versalis, di proprietà di ENI), mentre poco più del 17 per cento è in polipropilene (un polimero plastico prodotto nell’area da Basell Poliolefine Italia).
«I dati che diffondiamo oggi dimostrano che la plastica inquina già dalle prime fasi del suo ciclo di vita», dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace. «In un pianeta già soffocato da plastiche e microplastiche, è necessario azzerare tutte le fonti di contaminazione, inclusa la dispersione dei granuli, il cui rilascio nell’ambiente rappresenta un grave pericolo per gli ecosistemi marini ed è riconducibile alla filiera logistico-produttiva delle materie plastiche. Chiediamo alla magistratura di intervenire, e a Versalis e Basell Poliolefine Italia, le due società specializzate nella produzione di granuli nell’area brindisina, di rendere pubbliche le prove in loro possesso che dimostrino la loro estraneità a questo inquinamento».
I granuli, detti anche pellet o nurdles, rappresentano il materiale di partenza da cui si ricavano gli oggetti in plastica di uso comune impiegati, ad esempio, nel packaging, nel settore automobilistico, in edilizia e in agricoltura. Soltanto in Europa, il loro rilascio nell’ambiente può superare le 167 mila tonnellate annue, pari a circa 265 mila granuli al secondo. Come tutte le microplastiche, entrano nella catena alimentare degli organismi marini, accumulandosi negli animali che si trovano al vertice, esseri umani compresi.
“Nonostante da anni esistano iniziative volontarie da parte dell’industria per azzerare questa contaminazione (come Operation Clean Sweep, a cui aderiscono anche le due aziende che operano a Brindisi) – dicono da Greenpeace – numerose evidenze mostrano che la dispersione di questa pericolosa tipologia di microplastiche prosegue. Analisi recenti hanno mostrato un’elevata presenza di pellet nelle aree portuali vicine agli impianti petrolchimici specializzati nella produzione di plastica (come Anversa e Rotterdam). In alcuni casi, a seguito di vertenze legali, le aziende responsabili dell’inquinamento sono state costrette a farsi carico dei costi di pulizia dell’ambiente”.