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La fallimentare azione del costruire la Pace facendo la Guerra

Riflessioni sulla guerra in Ucraina di Giancarlo Canuto(nella foto)

Spettatore passivo col cuore denso di angoscia per ciò che accade in Ucraina, e non solo, con la coscienza che rimorde per il poco che si fa, provo a contrastare entrambi questi stati dell’animo leggendo quanto più è possibile per capire e, dove è consentito, aiutare a capire. Uno sforzo educativo e di coscientizzazione non secondario nel nostro mondo anche se ininfluente per i milioni di esseri umani che fuggono dalle bombe, abbandonando le proprie case, separandosi dai propri cari.

Capire e far capire resta però indispensabile poiché, come è tristemente noto, la verità è la prima vittima della guerra. Eravamo già abituati dai Balcani all’Afghanistan, passando per l’Iraq e la Siria, ad una mole senza precedenti di disinformazione. L’avvento e la diffusione di massa delle nuove tecnologie, che ha reso “ciascuno” reporter e moltiplicato all’infinito i canali di informazione, sembrava dover favorire una riduzione della distanza tra “verità” e “mistificazione” che invece è clamorosamente cresciuta. Ne è testimonianza assoluta la drammatica vicenda del giornalista australiano, Julian Paul Assange, che ha scoperchiato queste manipolazioni raccontando al mondo gli orrori della guerra compiuti dagli americani ed infatti sta subendo una persecuzione senza precedenti.  Occorre quindi districarsi con grande fatica per poter capire e orientarsi ma ciò richiede tempo e chiavi di lettura, non molto diffuse. Diventa allora più facile la strada dell’accettazione acritica o del rifiuto generalizzato: o credo a tutto o non credo a niente, praticamente la stessa cosa.

Per la gravità della situazione abbiamo il dovere, nei riguardi delle vittime innanzitutto, di capire. Ma mentre ti accingi a discernere, separare, analizzare ecco che inaspettatamente la macchina della “Propaganda”, antica quanto la guerra, censura il dissenso, vieta il contraddittorio divenendo semplificatoria e discriminatoria. Anche nel “libero” Occidente appena è scoppiato questo conflitto è stato subito richiesto un atto di “fede”, pena l’essere additati come alleati interni dell’invasore russo, una adesione totale e senza troppe chiacchiere alle scelte politico militari degli Usa, del suo braccio armato in Europa che è la Nato e della Unione Europea. Chi si permette di inserire ragionamenti, dubbi e soprattutto fa domande sulla efficacia delle misure adottate è tacciato di “equidistanza” all’interno di una unità di misura da loro stabilita: o con Putin o con la Civiltà. Questa orribile e macabra messa in scena ha fatto vittime illustri e possiamo prendere a simbolo, nel mondo, Papa Bergoglio, ignorato nei suoi appelli o ipocritamente condiviso ma nella sostanza esplicitamente attaccato, in Italia la dirigenza nazionale dell’Anpi mai così duramente criticata.

Una scientifica azione di “Propaganda” perché è capace di architettare uno scontro inesistente in quanto mai nessuno, tra i più nobili portavoce delle tesi pacifiste, ha minimamente messo in discussione chi è l’aggressore (Putin e l’esercito russo) e chi l’aggredito (il popolo ucraino ed i suoi sacri confini). Eppure, fiumi di editoriali sono stati spesi per rispondere, senza nascondere stupore misto a disprezzo, alla fuorviante domanda su come si fa a non capire che Putin è l’aggressore e l’Ucraina l’aggredita? Una questione inesistente fatta diventare ad arte una arma per sterilizzare la domanda più importante che la Politica e l’Informazione non vogliono porsi: come fermare questo strazio millenario che è la Guerra e che oggi fa sosta in Ucraina? Ci si sarebbe aspettato che gli “illuminati” ed i “progressisti” del XXI secolo si fossero divisi su quali strategie non belliche possano arrestare una carneficina e una devastazione tanto ignobile quanto la guerra, in Ucraina e non solo. Trovo invece sconfortante, che ancora oggi, come secoli addietro, se vuoi realizzare la pace occorre rispondere con la guerra, senza nessuna evoluzione del pensiero anzi con arretramenti che appaiono paurosi considerata l’accoglienza senza traumi della crescita esponenziale della spesa militare che, anche qui ieri come oggi, è a danno di tutte le altre spese sociali obbligatoriamente ridotte.

Imperversa quindi una sterile divisione tra guerrafondai e pacifisti, o la derisione di questi ultimi, per distrarre da quello che dovrebbe essere, almeno nelle intenzioni proclamate, un obiettivo comune degli opposti schieramenti: come autenticamente manifestare la nostra solidarietà verso il popolo ucraino e fermare le ostilità? Una cortina di fumo viene sollevata, inscenando apposite risse mediatiche per sottrarsi ad obiezioni che appaiono non solo legittime ma possono essere efficaci per uscire dal pantano in cui si è adesso. Sarebbe utile rispondere alle obiezioni di coloro i quali, come il sottoscritto, considerano fallimentare la scelta di sostenere militarmente la resistenza del moderno esercito ucraino fin dal 24 febbraio scorso, al netto delle diverse posizioni etiche o politiche. Dovrebbe aprirsi un dibattito vero e coraggioso sulla efficacia di tali misure al fine di porre fine al conflitto militare e forse accorgersi che, ad oggi, solo più guerra potrebbe mettere fine alla guerra: un disastro ancora più sciagurato e drammatico.

Avrebbero il dovere coloro che “sono contro la guerra però…” di contestare e obiettare su quello che pare oggettivo dopo 50 giorni di azioni militari: morte e distruzione che paiono inarrestabili e con la previsione addirittura di ulteriori combattimenti che si protrarranno per anni; l’invio delle armi si è nella sostanza rivelata come l’unica risposta occidentale a sostengo dell’Ucraina e questo ha reso inutili i timidi segnali di trattative di pace; è stata sterilizzata l’azione diplomatica della Unione Europea che o tace o è vassalla della Nato; si è privilegiata una azione diplomatica tutta tesa a isolare la Russia spezzando vecchi equilibri di neutralità e aprendo a scenari che tutto paiono fuorché forieri di pace e stabilità internazionale; ci si è esposti al rischio quotidiano di incidenti voluti o casuali che possono ancora più violentemente intensificare o estendere le iniziative militari; si è aizzata l’opinione pubblica occidentale – contraria all’invio di armi in maggioranza nonostante la Propaganda massiccia – esaltando la ignominia verso le stragi di civili tralasciando il dettaglio che è la guerra che le provoca; si è sdoganata senza esitazioni la possibilità che il conflitto possa trasformarsi in nucleare pur sapendo che questa ipotesi sarebbe fatale per l’Umanità intera. A tutte queste obiezioni si risponde invece con criminale sconsideratezza affermando che già esporle equivale a collocarsi al fianco di Putin e del suo esercito.

Questa colossale irresponsabilità unitamente a fenomeni epocali accettati con colpevole rassegnazione squarciano il velo sulla “madre” di tutte le questioni: l’assenza – in questa alba di terzo millennio – di leaderships e di forze organizzate capaci di “vedere” il mondo con una lucidità carica di valori a difesa della Umanità e della Natura e forti da poter reggere l’azione cieca e devastante delle oligarchie mondiali economico-politico-militari che stanno portando il mondo su un crinale che rischia di essere senza ritorno. Non si può spiegare diversamente come questo inizio secolo veda concentrarsi senza alcun ostacolo una serie di avvenimenti che concatenati tra loro non prefigurano niente di buono per i destini della Terra: l’indebolimento delle Nazioni Unite, l’appiattimento dell’Unione Europea sulla Nato, l’insensibilità di fronte a milioni di profughi nel mondo che scappano da guerre ignorate e foraggiate dal nostro apparato industriale-militare, la passività al cospetto di una crisi climatica senza precedenti, l’aver dimenticato che siamo ancora dentro una pandemia mondiale che ha ucciso persone e indebolito una economia.

A conferma di questa assoluta povertà di una classe dirigente mondiale adeguata nel fronteggiare le sfide drammatiche appena citate vi è l’affermazione, ascoltata più volte da tante voci autorevoli e non, di chi avverte come la visione del mondo di Papa Francesco e le parole che la descrivono sono le più autentiche e vivificanti ma nello stesso tempo sono drammaticamente isolate e non fanno che confermare questa tesi: una marea di “nani” travestiti da potenti e un solo “gigante” troppo solo, pure nella sua organizzazione, per poter invertire le sorti – attuali – dei nostri destini.

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