9 Novembre 2021
scritto da Redazione
Ho atteso l’esito delle indagini del procedimento penale che mi ha visto nuovamente coinvolto nel sequestro delle piante di canapa il 17 luglio 2021, anziché attendere i tempi lunghi del processo, per poter finalmente esternare e rendere pubblica la difesa senza soggezioni o tentennamenti della mia attività imprenditoriale (sperando nella stessa rilevanza mediatica di quando è stata data notizia dei provvedimenti cautelari a cui sono stato sottoposto).
Mi chiamo Angelo Milone, ho 49 anni, sono un imprenditore agricolo di Mesagne e da 23 anni opero nel settore della produzione di canapa. Settore regolamentato da una legge dello Stato, la 242 del 2 dicembre 2016, che ha rappresentato una svolta decisiva per aiutare gli operatori del settore ad avere un punto di riferimento decisivo per discriminare con certezza, almeno in linea teorica, le attività lecite da quelle illecite. Ovviamente non è facile per nessuno, da qualunque angolatura si osservi il fenomeno, una distinzione così netta. Sono ben consapevole di svolgere il mio lavoro – anche se da una minuscola dimensione – in un mondo dove la forza economica e territoriale dei poteri criminali costringe l’azione repressiva e di controllo degli Stati ad operare a larghissimo raggio. Come pure mi sono ben presenti l’ignoranza e i retaggi di culture tarde a tramontare più propense a fare di ogni erba un fascio (…e mai metafora più azzeccata). Né mi sfugge che la prospettiva del facile guadagno vede l’improvvisarsi di attività agricole dissimulate che naturalmente inquinano il mercato, confondono l’opinione pubblica e mettono sull’allerta le forze dell’ordine.
In questo contesto l’unico modo per “distinguersi” è seguire nella maniera più rigorosa possibile le prescrizioni normative che sono impegnative e stringenti. Questo perché la legge 242\16 mette dei paletti semplici e verificabili sia da chi lavora nel campo, sia da chi controlla e, se informata, anche la pubblica opinione può acquisire elementi di conoscenza nuovi che possano consentire letture diversificate. E queste sono le due finalità fondamentali del mio scrivere: difendere la mia attività professionale e far conoscere l’essenziale panorama normativo dentro cui opero.
La Canapa è una pianta molto conosciuta e da questa, notoriamente, si produce la marijuana, che è il fiore della Canapa. Ma innumerevoli sono i prodotti che si possono ottenere da questa pianta: dalla fibra alla carta, alla biomassa, dai semi e quindi alle farine, dagli oli alle infiorescenze e tanto altro. Il mio campo di azione è proprio il fiore di canapa industriale, meglio conosciuto come “cannabis light” e devo operarvi nel rispetto della Legge 242 del 2016 e di una importante e recente sentenza della Cassazione (la n. 30475 del maggio 2019) la quale ribadisce che considera lecita “unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà ammesse e iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell’art. 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002 e che elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati”.
Come imprenditore agricolo nell’attività di coltivazione della canapa light sono tenuto, nel processo di lavorazione del seme, a conservare la fattura di acquisto e il cartellino che ne attesti la certificazione che va presentato in ogni controllo. La scelta delle sementi dipenderà anche dal proprio scopo. Una cosa è, ad esempio, investire in un impianto di produzione di canapa per l’utilizzo industriale delle fibre che si possono ottenere da tale pianta, e una cosa è invece quello di coltivare canapa per sbarcare sul mercato alimentare, e così via. Essendo la mia attività qualificata come agricola, ho aperto una partita Iva, devo assolvere agli obblighi previdenziali e assicurativi ed, infine, devo fornire giusta comunicazione della attività alla più vicina stazione delle Forze dell’ordine.
E’ stato necessario un forte investimento in termini di strumenti di lavorazione agricola e relativi macchinari, oltre l’appropriato uso di fertilizzanti e\o concimi, ho dovuto dotarmi di locali di essiccazione e di serre, estrattori, condizionatori di temperatura e umidità e ventilatori grandi o piccoli e di barili per conciare il prodotto, oltre che di tanto lavoro fisico. Indispensabili sono inoltre l’apporto di consulenze professionali nel processo di lavorazione e di quelle giuridico fiscali. Una serie quindi complessa e costosa di investimenti per poter operare con una buona produttività e all’interno delle normative previste dalla legge.
Credo sia giusto far sapere, infine, che per poter vendere il proprio prodotto questo dovrà essere prima analizzato presso un laboratorio abilitato per verificare che il contenuto complessivo di Thc (tetraidrocannabidiolo, uno dei principi attivi principali della canapa) della coltivazione risulti superiore allo 0,2% ed entro il limite dello 0,6%. Quando il prodotto viene trasportato o spedito oltre al DDT di trasporto, è consigliata la dichiarazione di semina, la copia delle analisi, copia della visura della camera di commercio. Tutta questa documentazione è necessaria poiché questi fiori di canapa sono esattamente uguali, all’aspetto, a quelli di “marijuana” e servono per poter distinguere in modo netto che cosa si coltiva, o si trasporta o si vende.
La legge prevede che le autorità competenti possano effettuare i necessari controlli, compresi i prelevamenti e le analisi di laboratorio, sulle coltivazioni di canapa. Ma proprio per le ragioni appena sintetizzate in precedenza non è difficile, purtroppo come nel mio caso, essere sottoposti a controlli che non chiariscono nell’immediatezza che tipo di canapa si sta coltivando ed è necessario un doloroso e tormentato iter giudiziario per poter esporre le proprie ragioni con adeguate documentazioni. Nel frattempo però si ferisce la sensibilità e la dignità personale e dei propri cari, si vede sospesa l’attività imprenditoriale con conseguenze sul sostentamento della propria famiglia e altro ancora. Un tunnel che ovviamente attraverserò, con l’assistenza legale necessaria e col conforto delle persone più care che da sempre sanno chi sono e cosa faccio, perché credo moltissimo nelle enormi ricadute positive di questo prodotto e dell’attività economica che ne deriva.
L’attività di coltivazione della canapa light è un campo che non è certo il sottoscritto ad aver inventato o creato ma mi onoro di essere stato tra quelli che ne ha colto le potenzialità in tempi remoti e forte di queste esperienze e conoscenze vorrò portare fino in fondo la difesa della mia attività professionale.
Mi chiamo Angelo Milone, ho 49 anni, sono un imprenditore agricolo di Mesagne e da 23 anni opero nel settore della produzione di canapa. Settore regolamentato da una legge dello Stato, la 242 del 2 dicembre 2016, che ha rappresentato una svolta decisiva per aiutare gli operatori del settore ad avere un punto di riferimento decisivo per discriminare con certezza, almeno in linea teorica, le attività lecite da quelle illecite. Ovviamente non è facile per nessuno, da qualunque angolatura si osservi il fenomeno, una distinzione così netta. Sono ben consapevole di svolgere il mio lavoro – anche se da una minuscola dimensione – in un mondo dove la forza economica e territoriale dei poteri criminali costringe l’azione repressiva e di controllo degli Stati ad operare a larghissimo raggio. Come pure mi sono ben presenti l’ignoranza e i retaggi di culture tarde a tramontare più propense a fare di ogni erba un fascio (…e mai metafora più azzeccata). Né mi sfugge che la prospettiva del facile guadagno vede l’improvvisarsi di attività agricole dissimulate che naturalmente inquinano il mercato, confondono l’opinione pubblica e mettono sull’allerta le forze dell’ordine.
In questo contesto l’unico modo per “distinguersi” è seguire nella maniera più rigorosa possibile le prescrizioni normative che sono impegnative e stringenti. Questo perché la legge 242\16 mette dei paletti semplici e verificabili sia da chi lavora nel campo, sia da chi controlla e, se informata, anche la pubblica opinione può acquisire elementi di conoscenza nuovi che possano consentire letture diversificate. E queste sono le due finalità fondamentali del mio scrivere: difendere la mia attività professionale e far conoscere l’essenziale panorama normativo dentro cui opero.
La Canapa è una pianta molto conosciuta e da questa, notoriamente, si produce la marijuana, che è il fiore della Canapa. Ma innumerevoli sono i prodotti che si possono ottenere da questa pianta: dalla fibra alla carta, alla biomassa, dai semi e quindi alle farine, dagli oli alle infiorescenze e tanto altro. Il mio campo di azione è proprio il fiore di canapa industriale, meglio conosciuto come “cannabis light” e devo operarvi nel rispetto della Legge 242 del 2016 e di una importante e recente sentenza della Cassazione (la n. 30475 del maggio 2019) la quale ribadisce che considera lecita “unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà ammesse e iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell’art. 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002 e che elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati”.
Come imprenditore agricolo nell’attività di coltivazione della canapa light sono tenuto, nel processo di lavorazione del seme, a conservare la fattura di acquisto e il cartellino che ne attesti la certificazione che va presentato in ogni controllo. La scelta delle sementi dipenderà anche dal proprio scopo. Una cosa è, ad esempio, investire in un impianto di produzione di canapa per l’utilizzo industriale delle fibre che si possono ottenere da tale pianta, e una cosa è invece quello di coltivare canapa per sbarcare sul mercato alimentare, e così via. Essendo la mia attività qualificata come agricola, ho aperto una partita Iva, devo assolvere agli obblighi previdenziali e assicurativi ed, infine, devo fornire giusta comunicazione della attività alla più vicina stazione delle Forze dell’ordine.
E’ stato necessario un forte investimento in termini di strumenti di lavorazione agricola e relativi macchinari, oltre l’appropriato uso di fertilizzanti e\o concimi, ho dovuto dotarmi di locali di essiccazione e di serre, estrattori, condizionatori di temperatura e umidità e ventilatori grandi o piccoli e di barili per conciare il prodotto, oltre che di tanto lavoro fisico. Indispensabili sono inoltre l’apporto di consulenze professionali nel processo di lavorazione e di quelle giuridico fiscali. Una serie quindi complessa e costosa di investimenti per poter operare con una buona produttività e all’interno delle normative previste dalla legge.
Credo sia giusto far sapere, infine, che per poter vendere il proprio prodotto questo dovrà essere prima analizzato presso un laboratorio abilitato per verificare che il contenuto complessivo di Thc (tetraidrocannabidiolo, uno dei principi attivi principali della canapa) della coltivazione risulti superiore allo 0,2% ed entro il limite dello 0,6%. Quando il prodotto viene trasportato o spedito oltre al DDT di trasporto, è consigliata la dichiarazione di semina, la copia delle analisi, copia della visura della camera di commercio. Tutta questa documentazione è necessaria poiché questi fiori di canapa sono esattamente uguali, all’aspetto, a quelli di “marijuana” e servono per poter distinguere in modo netto che cosa si coltiva, o si trasporta o si vende.
La legge prevede che le autorità competenti possano effettuare i necessari controlli, compresi i prelevamenti e le analisi di laboratorio, sulle coltivazioni di canapa. Ma proprio per le ragioni appena sintetizzate in precedenza non è difficile, purtroppo come nel mio caso, essere sottoposti a controlli che non chiariscono nell’immediatezza che tipo di canapa si sta coltivando ed è necessario un doloroso e tormentato iter giudiziario per poter esporre le proprie ragioni con adeguate documentazioni. Nel frattempo però si ferisce la sensibilità e la dignità personale e dei propri cari, si vede sospesa l’attività imprenditoriale con conseguenze sul sostentamento della propria famiglia e altro ancora. Un tunnel che ovviamente attraverserò, con l’assistenza legale necessaria e col conforto delle persone più care che da sempre sanno chi sono e cosa faccio, perché credo moltissimo nelle enormi ricadute positive di questo prodotto e dell’attività economica che ne deriva.
L’attività di coltivazione della canapa light è un campo che non è certo il sottoscritto ad aver inventato o creato ma mi onoro di essere stato tra quelli che ne ha colto le potenzialità in tempi remoti e forte di queste esperienze e conoscenze vorrò portare fino in fondo la difesa della mia attività professionale.
Angelo Milone