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Proviamo ad immaginare Cerano senza la centrale.

Provo sempre un tuffo al cuore ogni volta che da Campo di Mare vedo ergersi all’orizzonte la centrale a carbone di Cerano, tra il blu del cielo e il blu dell’acqua.

Ciò perché, oltre all’inquinamento ambientale e alle conseguenze sanitarie subite, un serissimo problema, sottovalutato e sottaciuto, se non misconosciuto, è l’impatto artificialmente prodotto da quella mega centrale su una lunghissima fascia costiera salentina a sud di Brindisi, la cui accelerazione e amplificazione erosiva condiziona le stesse politiche del turismo.

Di fatti, ormai sempre più spesso viene segnalata l’allarmante progressiva erosione della costa, da Campo di Mare a Torre San Gennaro, fino a Lido Presepe, Lido Cipolla, Lendinuso, Casalabate e oltre, ora addebitata alle sempre più frequenti violente mareggiate invernali ora alla mancanza di barriere frangiflutto dalle marine di Torchiarolo in poi. E sempre più frequentemente si stanno emettendo ordinanze comunali di interdizione al traffico veicolare per i continui crolli di falesia che provocano crescenti cedimenti di strada, nonostante le continue messe in sicurezza, i lavori di manutenzione di arredo urbano negli abitati in prossimità della costa e i consolidamenti di alcuni tratti costieri effettuati.

Oggi che siamo entrati nell’era della cosiddetta “decarbonizzazione”, ma che più propriamente dovrebbe essere chiamata era della “defossilizzazione”, se si vuole aderire veramente alla ratio e agli obiettivi degli accordi di Parigi sul clima, credo sia opportuno ricordare o far sapere che la “struttura aggettante” di presa a mare della centrale a carbone di Cerano ha interrotto il trasporto di 120.000 mc annui di sabbia, la qual cosa continua a impedire il ripascimento naturale delle spiagge, determinato proprio dal blocco del flusso sedimentario della riva. Ciò continua sempre più ad amplificare l’erosione di una lunghissima fascia costiera salentina, almeno da Campo di Mare a San Cataldo e oltre, già naturalmente interessata dal fenomeno del bradisismo. E’ il motivo per il quale nel lontano passato ha obbligato a un ripascimento artificiale e a costosissime opere di recupero di un tratto costiero, con frangiflutti e opere di consolidamento, grazie al contributo dell’Enel, come è accaduto con il progetto del prof. Cotecchia per Campo di Mare. Lo stesso Consiglio Nazionale delle Ricerche, nell’Atlante sullo Stato delle Coste Italiane, ha rilevato da decenni che quasi la metà delle coste italiane è in stato erosivo e che, tra le cause principali, vi è proprio “la costruzione di porti e strutture aggettanti”, quale è una centrale come la nostra, e che la Puglia, per la sua alta percentuale di erosione, si posiziona ai primissimi posti della classifica.

E’ il sogno che hanno perseguito per anni movimenti e la parte bella della politica territoriale e, per ultimo, anche il Comitato 8giugno. Oggi, dovrebbe sentire impegnati, a mio sommesso avviso, tutti quei salentini che siedono, sia da postazioni di governo o meno, nelle istituzioni locali, regionali e nazionali.

Se non inverarlo ora, quando mai più?

Musio Ernesto

coautore della Convenzione del ’96 e già coordinatore del Comitato 8giugno

 

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