Ricordo gli anni i quali ho fatto parte di un partito politico, con nostalgia, al di là delle appartenenze, dei colori e degli schieramenti, manca sul nostro territorio, un partito che non sia circoscritto, un partito che non si rinchiude nelle proprie stanze ma che resta amico dei ragazzi di strada, richiamando un celebre verso di Vladimir Majakovskij, allo scopo di non commettere gli errori del passato.
È di questa nostalgia che parlo, di quegli anni che parlavano alla gente, nelle piazze, negli auditorium, dove si affrontavano i problemi sociali, economici, dove si discutevano le soluzioni, dove il dialogo e la partecipazione erano il punto di forza di tutto su tutti.
Non eravamo solo cittadini di un paese, ma eravamo la collettività dove discutere del bene comune era di fondamentale importanza, pur rischiando di dire cose contestabili, ma si riusciva a toccare questioni di importanza vitale.
Oggi manca quella capacità di dettare delle linee chiare da seguire e questo può lasciare spazio ad una dispersione di idee e opinioni che concentrate, invece, possono dare vita ad un progetto sociale e culturale.
La nostra è una società oppressa da varie problematiche e il dialogo è una forma organizzativa che libera dall’oppressione e il diritto di partecipare nella sfera politica, è un’ampia forma di coinvolgimento che permette di esprimere vari punti di vista fondamentali nella crescita di un contesto di cultura politica, socio ed economica di un paese.
Sicuramente in passato a spingere molti giovani, donne e uomini, è stata la forza delle proprie ideologie, oggi ci troviamo in una rafforzata convinzione della fine delle ideologie, ma voglio credere che si possa tornare a pensare in grande, dove il coraggio di ridare forza a pensieri opposti sia l’intento di un gruppo dirigente, capace di dare sostanza ed essenza alla condizione presente e sia altrettanto capace di coordinare una nuova volontà collettiva e trasformare l’ideologia in volontà politica generale.